Chissà cosa ha avuto in mente Federica Martella quando nella poesia Roma chiama madre, sorella, sorniona goliardica, simpatica e nevrotica la mia città. Eppure se ci rifletto attentamente io che son romano la vedo proprio così. Ad esempio Roma mi agita quando sono imbottigliato nel traffico (e mi rende nevrotico), ma sono estremamente tranquillo quando mi aggiro nei vicoletti o nei grandi meravigliosi parchi che circondano la città.
Il libro della Martella inizia con delle sensazioni, anzi con le sensazioni specie quelle tattili e con le impressioni di un risveglio e di un compagno d’amare (forse un Tu eterno nel tempo, un essere con l’altro in maniera universale, quasi come fossimo tornati nel grembo materno e quel Tu era nostra madre). Tutto ciò raccontato con delicatezza, e con una carezza prima di passare a Roma, la donna che rappresenta tutte le donne, l’amore supremo che crea e crea l’Arte. Qualunque cosa Federica sfiori trasmette positività e non distrugge: raccoglie in fila indiana i diversi passaggi della vita e della morte, il rapporto fisico, i lutto, il parto e il rapporto con l’altro, il rapporto con il vicino di casa e la metafora degli spazi inconsueti, tra le pieghe di un letto, gli angoli di una casa o di un palazzo. La scrittura è semplice e diretta e arriva a tutti ma non per questo facilona, anzi! capace di penetrare psicologicamente in quegli anfratti della vita e della giornata in cui possiamo godere cosa se non la vita?
Imperfetto universale termina con uno sguardo sul mare, e chi lo guarda non si ferma a una superficiale apparenza carente di poesia, ma fa poesia ogni volta che gira pagine del libro della vita.

IMPERFETTO UNIVERSALE  di Federica Martella
Ed. Controluna

L’articolo è di  M.S.

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