A leggere le sconvolgenti poesie di Giorgio Anelli, sembra rivedere lo sconvolgente inizio di uno sconvolgente film di David Lynch degli anni ’80: Velluto Blu. Anche il regista americano, costruttore di inferni si chiede cosa sia l’inferno. E in Velluto Blu è la banalità e ciò che essa nasconde. Immaginiamo, infatti, dei bellissimi tulipani, un prato verde che li accoglie e un lollipopman che con serenità fa passare in fila degli scolari. Improvvisamente, in uno splendido giardino, un uomo che annaffia ha un ictus; cade a terra e la macchina da presa fa zoom in mezzo all’erba e miliardi di scarafaggi vengono ripresi in una sequenza rivoltante.

Giorgio Anelli non è contento della realtà. Non è contento della banalità. L’eccessiva linearità delle cose è sempre un artefatto, un qualcosa che nasconde ciò che lui vorrebbe gridare a gran voce.

Perché la nostra società, la società che lui critica, l’Italia che vorrebbe migliorare (con l’arte? con la bellezza?) è una società di automi che ripetono sempre le stesse azioni, gli stessi convenevoli, che recita gli stessi ruoli. Sembra una società in cui il disturbo ossessivo compulsivo non sembra più appannaggio di persone affette da patologia, ma che si sia allargato anche all’uso dei social network, alle chat, al sesso virtuale, alle stupidaggini della televisione. Anelli parla di torpore, un torpore indotto da una società opulenta che nasconde, dietro una facciata fatta di divertimenti, nuovi bisogni che forse non servono a nessuno, insomma dietro una banalità pseudo colta, ripetitiva e traballante escono fuori i mostri.

E c’è un’analogia incredibile (non credo sia voluta) tra le dolci ziette di Velluto Blu che con una tazza di te guardano con attenzione uno spaventoso noir, e la poesia sul “Gossip del pranzo e della cena” dove, mentre tranquillamente si consuma il pranzo, si parla o si guardano tutte le brutture che si nascondono oltre l’amena superficie. Come se avessimo anestetizzato l’inferno.

La domanda che nelle nostre coscienze affiora inevitabile, è: come uscire da questo inferno? Come evadere de questo meccanismo precostruito alla The Truman Show? Probabilmente non c’è una risposta se non il ruolo della letteratura come rifugio, ma non come evasione: il compito anzi della letteratura di risvegliare le coscienze da quel torpore che il presente rende vane e soprattutto prive di creatività, imprigionate in una routine stancante, ma stranamente anche appagante.

  • POESIE DALL’INFERNO di Giorgio Anelli
    Ed. Ensemble, 2022

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