James Joyce: l’Arte e I Sensi

Alla fine di un capitolo di “La strada di Swann” di Marcel Proust, lo scrittore narra di come l’incontro del palato con una maddalenina inzuppata nel te, conduca la sua coscienza al ricordo di eventi passati, trascorsi, quasi dimenticati. Lo fa viaggiare verso la sua Combray, nei luoghi della sua infanzia.

Ma Proust narra: il suo modo di concepire il flusso di coscienza è ben strutturato probabilmente perché è ancora legato a un modo di scrivere ottocentesco.

James Joyce, invece, crea una realtà virtuale del senso, dove noi non solo seguiamo lo scrittore nelle sue virtuosistiche evoluzioni linguistiche (come in Proust che impiega pagine e pagine per la descrizione di un campanile), ma viviamo i colori, gli odori, i suoni e  i rumori come fossero intorno a noi. La destrutturazione del racconto joyciano si supera seguendo proprio i sensi. E’ così che si gode l’Ulisse ed è così che ad esempio si gode il monologo di Molly Bloom, l’eroina positiva che, con il suo sì finale nel romanzo, afferma la vita.

Per rappresentare la femminilità di Molly Bloom e la celebrazione per niente morbosa che Joyce ne fa, Kate Bush utilizzò parte del testo del monologo di Molly Bloom per il brano The Sensual World, rimaneggiandolo solo per questioni di diritti d’autore. Una Molly Bloom che, uscendo dalle pagine del libro, dal suo mondo bidimensionale, entra in un bosco vero, palpabile, dove lei respira, assapora, guarda, fa l’amore con la Natura.

Nel contesto joyciano, il personaggio di Molly Bloom rappresentato dalla Bush, è azzeccato, anche perché, probabilmente, lo scrittore irlandese deve aver penato molto per assaporare il piacere nella vita. L’acrimonia, la rabbia, lo sgomento con cui in Dedalus descrive il suo rapporto con la Chiesa Cattolica che porta come vessillo il senso del peccato, il senso di colpa, aumentando la morbosità sul sesso, è giustificato proprio dall’onnipresente rifiuto del corpo che solo da poco tempo il cattolicesimo ha cominciato a riconsiderare.

Joyce è un ribelle e non ha il tratto morboso di un Proust che si sente oppresso dalla vita.

Joyce rifiuterà sia la famiglia, la Chiesa e la patria (l’Irlanda) in polemica con le grandi istituzioni che reggono la società. La sua destrutturazione del racconto, ci riporta a una destrutturazione della morale corrente e all’affermazione della sessualità/ sensualità. Ogni personaggio dell’Ulisse(sono tre in tutto), rappresenta la messa in discussione della morale borghese in quanto i tre eroi principali , Stephen, Leopold e Molly  appartengono alla sfera degli emarginati.

Affrontato in maniera diversa, il flusso di coscienza va da Joyce a Virginia Woolf a Henry James. Ma la destrutturazione del racconto, volto soprattutto a trasmettere pensieri banali, che si aprono a matriosca su ulteriori pensieri più profondi, tramite un vortice di sensazioni, è tipico di Joyce e della sua letteratura (in particolare dell’Ulisse e di “La veglia di Finnegan”). Credo che la letteratura contemporanea debba molto al flusso di coscienza così come fu affrontato da Joyce. Attraverso romanzi più strutturati e meno sperimentali molti scrittori moderni hanno lavorato con questa tecnica facendo diventare attualissimo, ancora oggi, lo scrittore irlandese. Scrittore che continua a fluttuare nelle nostre coscienze.

L’articolo è di M.S.

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